Buongiorno e bentornati nel mio blog del lunedì.
Oggi voglio dedicare questo spazio alla recensione di un libro come faccio ogni ultimo lunedì del mese. Questa volta vorrei condividere con voi la lettura di un volume illustrato delicato e sottile ovvero Il Giappone a colori di Laura Imai Messina.
Pubblicato da Einaudi nel 2023, questo libro si colloca a metà tra un saggio e un lungo racconto pieno di spunti di riflessione su una cultura e una storia della quale sappiamo ancora troppo poco.
Laura Imai Messina è una scrittrice tradotta in oltre trenta paesi. È nata a Roma e si è poi trasferita in Giappone per un dottorato in Letteratura. È lì che adesso vive, insieme al marito e ai figli, insegnando in una delle più prestigiose università di Tokyo.
La sua scrittura è delicata e profonda insieme e, con il suo infinito lavoro di ricerca, è riuscita ne Il Giappone a colori a raccontare la storia del rapporto tra una Paese e il suo codice espressivo.
Il libro è diviso in tre sezioni: Grigio, Bianco e Nero. In ognuna di esse la Messina intreccia storie di luoghi e tradizioni con un accurato lavoro di ricerca sui colori, un lavoro in primis linguistico che parte dall’analisi dei kanji usati per definire ogni minima sfumatura differente e in secondo luogo storico, legando i colori all’uso che ne veniva fatto sia nella manifattura tessile che negli arredi che nei dipinti delle varie epoche esaminate.
Il Giappone a colori è una monumentale opera di traduzione in cui si cerca di dare vita a sfumature di colore che sono stati d’animo veri e propri: dal grigio sopra le nubi al grigio lama smussata, passando per il nero cecità fino ad arrivare al marrone vento d’inverno e al bianco cielo con luna.
Ma quelle che si trovano tra queste pagine, splendidamente illustrate da Barbara Baldi, sono anche storie dal sapore antico come quella dell’isola Awashima dove risiede l’Ufficio postale alla deriva, un ufficio dove si raccolgono lettere spedite e mai arrivate a destinazione, oppure quella del tempio di Jokan-ji, “il tempio dei corpi gettati”, dove sono seppellite più di venticinquemila donne morte di malattie veneree, stenti, violenze o aborti in uno dei quartieri a luci rosse più famoso del periodo Edo.
C’è la storia di una società divisa in ranghi e di colori riservati strettamente a ogni rango.
I kimono sfarzosi vennero riservati alla famiglia imperiale e all’aristocrazia di corte. […] alla gente comune vennero interdetti il “vero porpora” honmurasaki e la tintura con benibana, lo squillante rosso di carminio.
Ma i cittadini si opposero a questi divieti governativi utilizzando abiti che esternamente avevano tutte le sfumature di grigio possibile mentre all’interno erano foderati con seta brillante o dipinti con motivi appariscenti. Questo significava in qualche modo opporsi alla repressione in modo diverso, un fare resistenza del tutto particolare che fa parte della cultura giapponese.
Per farla breve, se siete affascinati dalla cultura giapponese e dall’uso che in questo Paese si fa e si è fatto dei colori nella storia, Il Giappone a colori è il libro che fa per voi. Un saggio completo, ricco di sfumature, pieno di spunti e di storie piccole e grandi da assaporare, un compendio linguistico e insieme cromatico, da non perdere!
E voi? Avevate già letto questo libro? Siete affascinati dall’arte e dall’uso dei colori del Giappone? Scrivetelo nei commenti!
Noi ci vediamo come sempre qui, nel blog del lunedì.