Eccoci di nuovo nel mio blog per parlare di qualcosa che probabilmente stai vivendo anche tu: l’ecoansia.
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Si tratta di uno stato d’animo che ci prende quando affrontiamo le conseguenze della crisi climatica nel nostro quotidiano e che può avere conseguenze davvero spiacevoli nel nostro modo di affrontare la giornata. Voglio raccontarti un episodio che mi è capitato a luglio e che esemplifica molto bene questa sensazione.
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Sono andata in vacanza per qualche giorno al mare, a Vasto, in Abruzzo. Lì il mare è molto diverso da quello che siamo abituati a vivere durante l’estate. Sulla spiaggia c’è solo… spiaggia. Per arrivarci si attraversano dei roveti molto fitti e poi ci si ritrova davanti al mare. Niente lidi, niente musica a palla, niente gelati, frittelle o pizzette, niente folla, niente. Solo qualche sparuto ombrellone e poi lui, sua maestà il mare. Un posto che ti rimette davvero in contatto con la Natura, con la N maiuscola. Sulla spiaggia mi è anche capitato di vedere, come un’apparizione, un fratino di mare che si reggeva con le zampette alla canna di un verdissimo canneto.
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Però qualcosa in tutto questo splendido scenario stonava, come la puntina rotta di un giradischi che continua a girare a vuoto. Nel pomeriggio, infatti, quando mi immergevo in mare, l’acqua era calda. Certo, di pomeriggio l’acqua è sempre più calda rispetto alla mattina ma mai mi era capitato nella mia vita che fosse “così” calda. Era come stare in una enorme pentola di brodo messa sul fuoco acceso. L’acqua del mare era “troppo” calda, “innaturalmente” calda. E quindi mi ha preso l’ansia, o meglio l’ecoansia.
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I pensieri hanno iniziato a susseguirsi velocissimi nella mia mente: “Se quest’acqua è troppo calda per me, sarà troppo calda anche per le creature che la abitano. Questo le porterà all’estinzione. Sopravvivranno solo le alghe e le mucillagini. Questo cambierà l’ecosistema. Se il clima cambia e l’ecosistema cambia, anche noi umani ci estingueremo. E questo tutto per colpa mia che compro troppi vestiti, vado troppo in macchina, mangio la carne, uso la plastica, prendo l’aereo. Tutto questo per colpa mia. Non posso fare niente per cambiare le cose. Sono impotente mentre guardo il mondo che muore”.
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Ed ecco che l’ecoansia prende il sopravvento, i pensieri negativi prendono il sopravvento, la sensazione di impotenza prende il sopravvento e la Speranza si affievolisce sempre di più.
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Come affrontare tutto questo senza farci sopraffare? Io non sono una psicologa (rivolgersi a uno psicologo se l’ansia prende il sopravvento è davvero una buona idea perché funziona) però ho una strategia utile a cui mi aggrappo per combattere l’ecoansia e te la racconto in tre mosse.
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1. Ridimensionare
In primo luogo, quando l’ecoansia mi assale, cerco di ridimensionare i pensieri che scorrono nella mia testa focalizzandomi su quello che io posso fare. Posso abbassare la temperatura dei mari che aumenta in maniera incontrollata? No, questo è certo. Ma ci sarà qualcosa che posso, io, singolo essere umano a cui è stato concesso di esistere sulla Terra in questo periodo storico, fare in prima persona? Sì, sicuramente.
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2. Agire
Posto che qualcosa che posso fare c’è, penso a quello che dice Jane Goodall, la meravigliosa etologa che amo tanto: “sperare vuol dire agire”. La Speranza non ha senso se non si traduce in azione. Quindi cerco di fare una lista di semplici cose che sto già “facendo” per operare la mia piccola rivoluzione: usare solo carta riciclata per confezionare i miei quaderni; mangiare solo frutta e verdura di stagione; usare shampoo solido. Poi faccio una lista di tre piccole cose che farò nel prossimo mese per contribuire a salvaguardare la Natura: aderire a un gruppo d’acquisto per sostenere l’agricoltura locale; acquistare vestiti di seconda mano; drasticamente abbattere il consumo di plastica. Piccole azioni che sono alla mia portata e che possono comportare un cambiamento reale, tangibile e soprattutto misurabile.
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3. Condividere
Terzo step: condividere! Mettere in mezzo il discorso ogni volta che se ne presenta l’occasione. “Sai che non uso più lo shampoo in flaconi? Con quello solido mi trovo benissimo”; “Vuoi aderire al mio gruppo d’acquisto solidale per sostenere gli agricoltori locali?”; “Sai che uso solo carta riciclata prodotta in Italia a basse emissioni per i miei quaderni? Non è facile mantenere gli standard che ho in mente ma i miei sforzi vanno tutti in questa direzione”. Condividere i nostri piccoli propositi, le nostre piccole risoluzioni, le nostre piccole azioni, significa alimentare la Speranza, diffonderla e piantare un piccolo seme di riflessione anche nella testa di chi ci sta accanto. Più siamo e più il circolo virtuoso si alimenta.
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E così l’ecoansia si placa. Almeno per un po’!
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E tu, cosa fai quando ti assale l’ecoansia? Hai anche tu una tecnica segreta per combatterla? Scrivimelo nei commenti, non vedo l’ora di saperlo!
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